Dimettersi o non dimettersi, questo è il problema
E, se ti dimetti, come farlo in modo impeccabile.
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Vi condivido il mio recente update sulla VO2 Max (che casomai spiego nella prossima newsletter): dopo ANNI in cui non sono riuscito a muoverla, ora è finalmente salita :)
Se questo tipo di approfondimenti vi interessano ogni tanto li metterò, spiegando a cosa serve muovere un particolare numero e, sopratutto, COME muoverlo :)
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Dimettersi o non dimettersi… e come farlo
Questo post è stato scritto nel 2018 fa per il mio blog in Inglese ma lo trovo ancora utile e molto attuale quindi l’ho tradotto e ve lo ripropongo :)
Nella mia vita, ho dato le dimissioni da 7 aziende e, nel tempo, ho perfezionato il mio approccio alle dimissioni al punto che penso valga la pena condividerlo, specialmente se non l'hai mai fatto e stai pensando di farlo.
Ci sono 2 fattori principali da considerare:
1- IL PERCHÉ. Perché stai pensando di lasciare la tua azienda, quali sono gli aspetti che ti fanno desiderare di dimetterti?
2- IL COME. Come dirai effettivamente al tuo capo che stai per andartene e cosa succederà tra oggi e il tuo ultimo giorno di lavoro?
Nel libro "Office of Cards" descrivo approfonditamente entrambi i punti, il PERCHÉ nel Capitolo 3 e il COME nella Sezione “Extras”, ma riassumo qui i punti principali.
IL PERCHÉ
"Non dovresti mai dimetterti senza aver dato al tuo capo la possibilità di sistemare la cosa che pensi non funzioni". Questa è la frase che mi disse il mio capo, mentore e amico Paolo quando mi dimisi da eBay nel 2010.
Era la fine del 2009 ero stufo, stanco del mio lavoro, stanco di vivere in Svizzera e fare il pendolare in Italia ogni settimana, mi sentivo sottovalutato, sottopagato, sottoutilizzato. Ero talmente abbattuto che nemmeno una promozione avrebbe risolto la situazione, così ho pensato di dimettermi. Questa era la mia visione, non c'era via d'uscita da quegli stati d’animo se fossi rimasto, quindi andare via era l'unica opzione. #PerceptionIsReality.
Ma lo era davvero? Stavo davvero considerando tutte le opzioni?
Ovviamente, no :)
Infatti, Paolo aveva proposto idee fantastiche per tenermi, ma le ho testardamente respinte perché avevo già deciso di andare in un'altra azienda, una startup. Avevo deciso che sarebbe stata la cosa migliore (la parola chiave qui è “deciso”, infatti non potevo sapere come sarebbe effettivamente stata la nuova azienda, ma avevo deciso che sarebbe stata migliore e, sulla base di quella decisione inconscia, ho preso la decisione conscia di lasciare eBay), avrei finalmente avuto il potere di prendere decisioni, gestire un team, far succedere le cose! E poi, 2 anni dopo, ho lasciato anche questa azienda, ovviamente. E, 4 anni dopo, sono tornato in eBay, ovviamente!!!
Il motivo per cui ho condiviso questo aneddoto è perché, nella maggior parte dei casi che ho visto, anche di persone che gestivo direttamente, quando le persone decidono di dimettersi di solito non sono lucide nel valutare ciò che hanno rispetto ad altre potenziali alternative. Ecco perché ho ideato la Bussola del lavoro descritta in Office of Cards.
Il punto che voglio sottolineare è:
1- SE sei bravo come pensi di essere;
2- e SE le persone intorno a te (soprattutto il tuo capo) pensano che l'azienda o il team sia migliore con te che senza di te;
3- ALLORA, quando pensi di dimetterti, hai potere di negoziazione e dovresti sfruttarlo. Non sto parlando di estorsione, né intendo minacciare di dimetterti ogni 6 mesi per un piccolo aumento di stipendio.
Quello che intendo dire è:
se usi la Bussola del Lavoro per capire cosa non funziona e cosa non ti piace del tuo lavoro attuale, dovresti dare all'azienda la possibilità di risolvere quel problema prima di decidere effettivamente di dimetterti.
Dando all’azienda l’opportunità di risolvere i problemi che hai (o pensi di avere), stai:
1- Mostrando molta maturità professionale, nel senso che non fuggi da un problema ma riconosci effettivamente che c'è e lo metti in evidenza con la sincera intenzione di risolverlo.
2- Mettendoti in una posizione di forza, nel caso in cui i problemi vengano risolti, perché sarai percepito come "quello che voleva rimanere e ha avuto il coraggio di dire cosa non funzionava e la volontà di contribuire a migliorare le cose".
3- Preparandoti a dimetterti se le cose non vengono risolte, perché potrai sempre dire "abbiamo provato, fallito, quindi spero tu capisca perché devo andare".
C'è anche un altro vantaggio nell'avere un dialogo aperto con il tuo capo riguardo alle parti del tuo lavoro che pensi non funzionino, perché lo aiuti a essere consapevole dei problemi e lo metti in condizione di intervenire prima che sia troppo tardi (ad esempio, che qualcun altro, meno maturo di te, si dimetta per lo stesso motivo che potresti avere tu). Questo ti posizionerà come una sorta di "vice", un alleato che il capo ha nelle truppe per aiutarlo a comprendere il morale del team, far passare certi messaggi, ecc.
Quindi da una situazione potenziale che potrebbe portarti a lasciare un’azienda, potresti finire per rafforzare la tua posizione, rimanendo.
Pertanto, il mio consiglio è riflettere profondamente sulle ragioni per cui pensi di volertene andare (#GoOneLevelDeeper), accettare che potresti non avere il quadro completo della situazione, avere una conversazione aperta su quei problemi e creare/valutare idee per risolverli con il tuo capo, e poi mantenere una mente aperta sulle opzioni che ti possono essere presentate. #PlayTheLongGame
Chiaramente, devi capire che condividere i tuoi mal di pancia troppo presto o nel modo sbagliato potrebbe portare a possibili problemi nelle relazioni con i tuoi superiori, perché non tutti apprezzano onestà e trasparenza, quindi assicurati di avere un piano B se le cose vanno male (ovvero, avere alcune opportunità di lavoro almeno abbozzate prima di parlare con il tuo capo).
Come sempre, tutto questo si basa sulla tua onestà con te stesso e sulla consapevolezza che, se i problemi vengono risolti, devi rimanere con il tuo datore di lavoro per un po' di tempo senza lamentarti. La tattica di lamentarsi ogni 6 mesi potrebbe funzionare 2 o 3 volte, ma non durerà e ti ritroverai in una situazione molto difficile da gestire.
IL COME
Anche con le migliori intenzioni e tutta la trasparenza e l'onestà del mondo nell'esaminare possibili soluzioni ai tuoi problemi con il tuo capo, a volte si finisce per decidere che lasciare è necessario. Potrebbe essere per motivi personali, o per qualche problema che di fatto non può essere risolto, ed è meglio per tutti se te ne vai.
I consigli, se finisci per decidere che “it’s time to go”, sono:
1- NON parlare male della tua azienda, niente sentimenti amari, niente lamentele. Nemmeno dopo essere andato via. Il mondo è molto più piccolo di quanto pensi e non c'è nulla da guadagnare a fare gossip (MAI!). Hai deciso di andare, buon per te, tieni la testa alta, ringrazia tutti per il tempo trascorso insieme e quello che l’azienda ti ha dato e vai avanti per la tua strada #PlayTheLongGame
Se ti lamenti di qualcuno ricordati che quella persona potrebbe diventare il tuo capo in un'altra azienda o potrebbe essere contattato per avere referenze su di te. O, come nel mio caso, potresti decidere di tornare nella stessa azienda, quindi, #MakeNoEnemies quando te ne vai.
2- Lascia le cose in ordine. Se sei un responsabile di team, assicurati di creare un documento da condividere con il tuo capo per dettagliare i principali risultati di ciascun individuo, i loro problemi, i tuoi piani per le loro carriere. Assicurati che ogni membro del team abbia sviluppato un Piano di Carriera e che tu abbia una versione aggiornata da condividere con il tuo capo o con la persona che prenderà il tuo posto. Assicurati che ci sia chiarezza su chi dovrebbe essere promosso, le aree di miglioramento, le persone a rischio, ecc. Questo documento è importante per assicurarti che il contributo dei membri del team non venga vanificato solo perché TU te ne vai.
Se sei un contributore individuale, prepara un documento con il codice che hai sviluppato, i tuoi file, cartelle in cui ci sono i documenti che hai realizzato e una “legenda” per aiutare il tuo successore a consultarli. Condividi il tuo lavoro su GitHub, su Drive condivisi o in qualsiasi formato la tua azienda utilizzi e dedica del tempo a creare una mappa di dove si trovano le tue cose. Assicurati anche di evidenziare chi sono stati i tuoi principali interlocutori e cosa chiedevano di solito. Qualsiasi consiglio tu abbia per facilitare il lavoro di chi verrà dopo di te è ORO da condividere.
3- Assicurati di dare al tuo capo tutto quello di cui ha bisogno. Perché ciò accada, dedica del tempo a fare proattivamente tutte le cose menzionate in precedenza, condividile con il tuo capo e chiedi se c'è qualcos'altro che si aspetta da te. Assicurati di fornirgli organigrammi aggiornati, una lista completa di chi-fa-cosa di ogni persona con cui hai interagito e sottolinea tutti i progetti aperti, con un aggiornamento completo sullo stato e tutte le cose a cui prestare attenzione.
4- Parla con le tue persone (sia i tuoi collaboratori diretti che i colleghi, i capi anche se sei in buoni rapporti con loro) e assicurati di lasciarli con un percorso, un feedback chiaro sulle loro aree di miglioramento, su cosa prestare attenzione, sulle competenze da sviluppare, le persone con cui connettersi. Dovrebbe essere simile a una discussione di performance evaluation.
Ovviamente, tutte queste cose richiedono molto lavoro, io consiglio di farle nei ritagli di tempo, un po’ al giorno, piuttosto che un rush negli ultimi giorni.
In sintesi: fai del tuo meglio fino all'ultimo giorno e vai via con un sorriso... È così che i vincitori lasciano l'arena. Quello che vuoi, alla fine, è di essere “rimpianto”, non che le persone ringrazino Dio che te ne sei andato.
E qualunque cosa tu decida di fare, che tu ti dimetta o resti, se hai fatto un'analisi approfondita e hai preso una decisione basata sui fatti, non guardare indietro. Le situazioni tendono a diventare emotive durante i periodi di preavviso, devi rimanere obiettivo e mantenere la tua risoluzione, qualunque essa sia. Va bene valutare nuovi elementi (anche se avresti dovuto farlo in primo luogo), ma non è saggio trattare le emozioni come se fossero fatti perché, beh, non lo sono.
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