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E ora… sotto coi contenuti!
🪖Roger that
Molti di voi lo sanno, sono un grande fan di Jocko Willink e del suo podcast.
Quello che mi affascina del suo approccio è che è semplice, chiaro e, almeno nel mio caso, di grande impatto.
Questa settimana stavo ascoltando un episodio del suo podcast e lui stava raccontando un aneddoto di quando uno dei suoi ragazzi era nel corso di formazione per diventare un Navy SEAL e gli aveva dato un suggerimento:
Quando un istruttore ti dà un task, tu rispondi “Roger that” e fallo.
Potremmo tradurre letteralmente “Roger that” con “ricevuto”, ma significa molto di più.
Significa “ho capito cosa vuoi e puoi dimenticarti di avermelo chiesto perché lo porterò a termine in un modo che sicuramente ti andrà bene”.
Cosa significa per noi?
Nel mondo aziendale tutti noi abbiamo capi che, più o meno frequentemente, ci dicono cosa fare. Quelli bravi ci spiegano il perché, in modo che possiamo andare oltre il perimetro, se necessario, per raggiungere l’obiettivo. Quelli ancora più bravi ci hanno insegnato il come, facendoci crescere e imparare “what good looks like”.
Quelli scarsi ci dicono “fallo perché lo dico io” e poi si lamentano perché il lavoro non è come lo volevano e ce lo fanno rifare 1000 volte.
Ma c’è una cosa comune a tutte queste situazioni: il modo in cui voi reagite quando vi assegnano un compito.
Ci sono quelli che fanno polemica perché magari non condividono l’attività o perché non hanno voglia di farla.
Ci sono quelli che fanno mille domande perché se una cosa non è chiara al 100% non muovono un dito.
Ci sono quelli che dicono che hanno capito anche se non è vero e poi si incartano quando iniziano a lavorare.
E mille altre varianti che non sto a declinare.
Tutte queste varianti introducono un certo livello di frizione nel rapporto. Frizione che deriva dal fatto che il manager, anche quello bravo, quando chiede una cosa potrebbe non avere il tempo di spiegarla in tutte le sue parti. Potrebbe anche non avere tutte le risposte e quindi non essere in grado di delineare tutti gli aspetti che il task richiederà di analizzare.
Questa frizione purtroppo crea una sensazione di fatica nel manager che, nel subconscio, impatta negativamente l’opinione che ha di voi.
Come fare a togliere questa fatica? Come fare a vivere ogni task come opportunità per fare bella figura e costruire un rapporto migliore col nostro manager invece che viverla come sòla o come problema?
Semplice: rispondiamo “Roger that” e andiamo a fare il task. Al meglio delle nostre possibilità.
Chiaramente deve essere solido, ragionato. Dovete avere chiaro qual è il task e cosa si aspetta il manager. Dovete fare domande, poche e mirate, non sul come fare quella determinata cosa ma sul perché, una volta che avete chiaro quello avete gli elementi per decidere in autonomia le micro-cose che al vostro manager fanno solo perdere tempo ma che renderanno il lavoro perfetto.
Vi faccio un esempio
Il capo vi dice “mi prepari una presentazione per il meeting del 15 col cliente XYZ?”
La risposta che dovreste dare è “Ok capo, 2 domande: chi parteciperà al meeting e qual è l’obiettivo che ci poniamo con quella presentazione?”.
La risposta a questa domanda il capo ce l’ha di sicuro e ve la dà in 30 secondi. Da lì in poi sta a voi.
Incontriamo il nuovo direttore marketing? Bene, studiate su LinkedIn che percorso ha fatto, che stile ha. Cercate i suoi post, qualche intervista, qualche gancio per entrare nella sua testa e disseminare la presentazione di indizi che parleranno al suo subconscio.
L’obiettivo è presentare il nostro nuovo prodotto? Bene, evitare quindi le slide di presentazione del gruppo che il cliente probabilmente conosce benissimo e andate invece dritti al punto assicurandovi che il prodotto venga presentato come soluzione ai problemi del cliente e non come cosa fighissima che avete fatto (e di cui al cliente non può fregare di meno).
Abbiamo delle frasi “forti” che vogliamo usare per convincere il cliente a seguirci? Bene, mettiamo numeri e fatti a supporto per essere certi che il cliente creda a quelli se proprio non vuole credere a quello che diciamo noi.
Chi altro partecipa al meeting? Studiamo tutti i partecipanti per capire se ci sono elementi che possiamo usare per entrare in sintonia anche con loro.
Sarà in remoto o in presenza? Assicuriamoci che la tecnologia ci assista e non ci freghi.
Studiamoci anche l’azienda, cosa stanno facendo, come va… questo ci aiuterà a entrare in sintonia all’inizio del meeting perché avremo argomenti per rompere il ghiaccio e far vedere che ci siamo preparati.
Capite quindi il livello di preparazione richiesto per fare un lavoro di qualità eccezionale?
E sapete cosa succede se un manager lavora con una persona che gli garantisce questo livello di output con un livello di input minimo? Che diventa la sua GO TO PERSON, che la promuove e, tendenzialmente, le dà quello che chiede quando glielo chiede (e, se il manager va via dall’azienda, si porta quella persona dietro o quella persona diventa il nuovo manager).
Tutto questo si raggiunge con “Roger that”, ovvero diventando la persona che quando c’è da fare qualcosa, qualsiasi cosa, capisce al volo gli aspetti chiave e poi DELIVERA SENZA SCAMPO un lavoro di qualità eccezionale.
Provate a incorporare la vostra versione di “Roger that” nel quotidiano in azienda e vedete tra 6 mesi dove siete arrivati :)
Se vi interessa approfondire il tema Presentazioni a lavoro ho fatto due video su YouTube che vi consiglio di guardare
🧠L’avete chiesto, l’abbiamo fatto!
Tempo fa ho fatto un sondaggio chiedendovi se vi interessava una puntata con Luca Lixi sulla storia di Berkshire Hathaway. Quel sondaggio ha fatto 100% di YES quindi… preparatevi a quasi 4 ore di audio!
Nel frattempo, per chi non avesse ascoltato l’episodio con Luca, è il numero 35
🎥🎧I contenuti della settimana
La prima parte dell’intervista a Enrico Santarelli, CMO e direttore commerciale Italia per Clementoni (blog, apple e spotify)
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